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mercoledì 13 febbraio 2019

1 + 1 = 4



{Ci sono desideri che si affidano. 
Io l’ho fatto, in ogni modo che conoscevo. 
L’ho bisbigliato al vento per farlo volare lontano, fino all’altro capo del mondo. 
L’ho consegnato alle stelle ad ogni notte di San Lorenzo, quando stavamo sdraiati sulla coperta sul prato in giardino. Tu che mi dicevi: “eccola!” e io che mi perdevo 
coccolando i gatti che ci erano venuti a tenere compagnia. 
L’ho soffiato sulle candeline della torta di compleanno,
 così intensamente da rimanere senza respiro, 
ma senza rinunciare a mangiare la fetta più bella.
L’ho ricorso mentre cercavo di prendere la foglia che cadeva dall’albero 
prima che toccasse terra, per poi metterla al riparo tra le pagine di un libro.
Qualche volta i desideri si avverano davvero. 
E poi ci sono dei desideri che hai voluto talmente tanto fortemente, 
che riescono a sorprenderti più di quanto tu avessi mai immaginato}




Questo doveva essere un post pieno di colore, ed invece è in bianco e nero. Nero come il velo che ora lo avvolge, perché la vita è così, o almeno la nostra: appena riusciamo a toccare la felicità, appena tiriamo il fiato, ecco che il baratro arriva senza nemmeno darci il tempo di capire, di metabolizzare, e cadiamo giù.

Sono passati più di tre anni da quando abbiamo varcato per la prima volta la porta della PMA. 5 tentativi, due interruzioni, ogni volta uno più doloroso dell’altro. Un calvario che purtroppo sempre più donne conoscono. Sono arrivata psicologicamente stremata l’ultima volta. Non avrei sopportato un altro fallimento. Ne ho parlato con la nostra ginecologa che ha preso in mano la situazione e ci ha seguito personalmente. “Mettiamo due blastocisti, così abbiamo più probabilità che almeno una delle due si attacchi!” ho detto a Valerio. Abbiamo firmato tutti i fogli pieni di aspettative e siamo partiti. Stavolta la terapia è sembrata vincente fin da subito e al momento del transfer tutti i parametri erano perfetti! In sala operatoria le infermiere e le biologhe che ormai mi conoscevano bene mi tenevano la mano e mi ripetevano che questa sarebbe stata la volta giusta, che era l’ultima in cui mi trovavo su quel freddo lettino della sala operatoria. “Martina, oggi si fanno i gemelli!” mi hanno detto la biologa mentre maneggiava con cura la siringa con le mie blastocisti appena scongelate. Quando ti fanno uscire ti fanno stare 10 minuti immobile con le gambe alzate, ti consegnano l’immagine delle blastocisti appena impiantate. Ricordo di aver pensato che fossero così belle, così rotondamente perfette. Le mie piccoline. Nei quindici giorni dopo il transfer tutte le antenne sono drizzate, ogni minimo cambiamento o dolorino lo analizzi per cercare di capire se il tuo corpo ti stia dicendo qualcosa o meno. Ci sono stati post transfer in cui sono stata immobile a letto, altri in cui evitavo di uscire o fare determinate cose. Non facevo altro che pensare a questo. Stavolta volevo essere meno in ansia e ho continuato a lavorare, impegnando la mente in altro: aiutato un'amica con uno shooting, allestito un matrimonio, ecc, certo evitando gli affaticamenti e gli sforzi, ma almeno cercavo (per quanto possibile) di non pensarci. Molto più facile a dirsi che a farsi, ve lo posso assicurare! E poi a due giorni dalle beta sono iniziati i dolori, quelli che avevo ogni ogni volta, quelli delle mestruazioni. Avevo il test di gravidanza in mano, ma non ho avuto il coraggio di farlo, non avrei sopportato di pregare quella seconda lineetta di comparire, e l’ho rimesso nel cassetto, perché sapevo che anche stavolta non sarebbe andata bene. Arriva l’esito delle Beta. 1610. Che strano numero. Siamo rimasti un po’ interdetti all’inizio. Ci avevano detto che per essere positivo il conteggio doveva avere un valore che si aggirava intorno al 100. Abbiamo chiamato subito la nostra ginecologa! Era più che positivo! Non ci credevamo... stava succedendo davvero? Ce l’avevamo fatta! Abbiamo passato il primo mese in una sorta di bolla, increduli e estasiati.
Ho comprato un nuovo quaderno floreale, che non è più pieno delle cure, delle analisi che mi ricordano le fatiche, le paure, le punture, gli interventi, i pianti. Non ci sono le grandi scritte "Non in Gravidanza" e "Plurifallimento" tra quei fogli. E' un quaderno pieno di fiori estivi, i fiori che ci saranno quando loro nasceranno. Si, loro due. Ci sono le loro prime immagini, da quando erano solo due piccolissime blastocisti di 5 giorni, pronte per essere impiantante fino ad oggi in cui vediamo distintamente i loro profili. 





Secondo trimestre, quello in cui tutto quello che poteva succedere è passato, quello in cui ti rilassi, perché gli esami che potevano essere andare storti li hai già fatti, e tutto va bene. Alle ecografie si comincia a vederle muovere, una addirittura sembra saltare, come si volesse far vedere e dirci che sarà pestifera! Dal test del DNA ti rivelano il sesso, o meglio, quel “non si rileva la presenza del gene Y” non lascia molti dubbi... Finalmente respiri, perché fino ad allora trattenevi il fiato. Ti regalano le prime paia di calzine. Due, come loro. Hai aspettato fino ad ora a comprare i vestitini, eppure non hai resistito a quei due completini, che “magari glieli possiamo mettere quando le portiamo a casa dall’ospedale”. Pensi ai nomi. Prendi le misure per capire come incastrare i due lettini in quello che ora è il tuo studio, e nonostante sia piccolo, “ci faremo entrare tutto, ci staranno bene!”. Ci siamo fatti un po’ di foto con l'aiuto di mia cognata, da attaccare nell’album della gravidanza per ricordare questo momento così felice, abbiamo comprato dei palloncini per fare l’annuncio e in barba al freddo abbiamo trovato un angolino del nostro giardino che ci piaceva e scattato guardandoci negli occhi e non smettendo di baciarci. Abbiamo contato tutte le medicine prese fino ad oggi: più di 220 punture e più del triplo tra pasticche, ovuli e vitamine. 




15+2 una normale ecografia. La ginecologa mi visita e mi ripete di stare a riposo, visto le perdite che ci hanno fatto così spaventare e correre al pronto soccorso le settimane prima, e che per fortuna ora sembrano sotto controllo. Controlla prima una, la misura, la guarda... poi si sofferma sull’altra. “Ci sono i reni un po’ ingrossati del secondo feto” ci dice. Ci rassicura dicendoci che è troppo presto per una diagnosi. Le palpitazioni arrivano subito. Continua a dirci di non preoccuparci, che vedremo l’evoluzione man mano che la gravidanza va avanti, che ci diranno di più all’ecografia di secondo livello della settimana dopo. Dice di stare tranquilli. E invece le palpitazioni non scendono, e nemmeno la preoccupazione. Tutti ci dicono di non pensarci, perché succede spesso e spesso, una volta nato il bambino dovrà solo fare un po’ più di controlli. Sei agitata, e pensi che questo possa essere lo scenario peggiore, eppure non è così. A tutto avrei pensato tranne a quello che ci avrebbero detto da li a pochi giorni.




16+3 ecografia di secondo livello. Ho fatto venire i miei genitori con noi, volevo fargliele vedere dal vivo per la prima volta, volevo fargli vedere i loro movimenti, il profilo che di settimana in settimana è sempre più definito, le mani, i piedi. Volevo che fossero lì quando ci avrebbero detto "non vi preoccupate, va tutto bene". Cominciamo dal feto 1. Si agita come al solito, si fa vedere e misurare. Si stava succhiando il dito, come faceva mia sorella da piccola! I parametri sono tutti nella norma, cresce bene, il cuore batte forte. Feto 2. È girata di spalle e non vuole spostarsi nonostante qualche sollecitazione, si intravedono i reni, ma non così bene da misurarli e monitorarli. Andiamo a pranzo. “Mangia qualcosa di dolce, così si gira di sicuro”. Torniamo dopo poco più di un’ora. A me sta cominciando a bruciare lo stomaco (mi capita sempre quando di sono in ansia). Il gel è freddo come un’ora prima. Ora nella stanza c’è anche un’altro medico e un’ostetrica. Lì per lì non ci faccio troppo caso. Non si è girata di molto, quel tanto che basta per vedere meglio. Sono così ben visibili e di colore chiaro, lo sono così tanto da notarli anche io. Prendono quasi la metà dello spazio del  suo piccolo torace. C’è poco liquido amniotico, ecco perché non si gira, non ha posto! Le lacrime mi cominciano a scendere ancora prima che dicessero qualcosa, ancora prima della fine dell’ecografia, come se sentisi già che quello non era un buon segno. Sento una stretta al petto che preme. Mi fanno pulire e sedere per spiegarci la situazione. Sono tutti e tre schierati in fila dietro al tavolo che ci guardano. Parla l’altro medico e comincio a capire il motivo della sua presenza. Le palpitazioni stavolta sono molto più veloci della settimana scorsa, le orecchie sono quasi tappate e le lacrime non si fermano. Mi sto sentendo male. Mentre continuano a spiegarci la patologia io mi sento come dentro un incubo. Ci dicono che non è colpa nostra, che non abbiamo fatto nulla di sbagliato, che non avendo la familiarità con questo tipo di problematica, è stata solo la casualità. La maledetta casualità! Valerio mi prende la mano, sento la mamma alle mie spalle che singhiozza, ma non ho la forza di guardare nessuno dei due. Continuo a fissare la bocca della della dottoressa che fa uscire quelle parole che mi colpiscono come proiettili. Una raffica. Di tutti gli scenari possibili a questo non avevo e non avrei mai pensato. La situazione non lascia molte possibilità, soprattutto perché sono due, di cui una, ad oggi, sana. Potrebbe migliorare, potrebbe riuscire a formarsi del liquido amniotico, ma è un'ipotesi molto remota, la cosa più probabile è che non ce la faccia. Per la vita in utero non ha bisogno della vescica che ad oggi non è ancora sviluppata, non ha bisogno dei polmoni che molto probabilmente non riusciranno a formarsi, per vivere in utero gli basto io e il nutrimento che passa attraverso il cordone. La vita fuori dall’utero sembra incompatibile. “Non possiamo intervenire solo su di lei, perché potresti perdere anche l’altra. Bisogna che tu sia forte e che tu vada avanti, con entrambe. Adesso bisogna pensare alla bimba sana”. E io invece non sono così forte, non riesco che a pensare al fatto che lei crescerà, si muoverà, avrà uno sviluppo “normale”, ma che molto probabilmente le mancheranno gli organi per respirare, per vivere. Non riesco a smettere di pensare che sarà lì e poi, la partorirò con la sorella, ma lei non vivrà. Quale tortura è mai questa? Dove si trova la forza per fare una cosa del genere? Ditemelo, vi prego!
La prassi richiede la visita del genetista il giorno dopo e l’amniocentesi ad entrambe dopo quattro giorni. È tutto così veloce, eppure i giorni passano lenti, uguali. Mi trovo a fissare il vuoto, cercando di liberare la mente. Cerco di sentirle in qualche modo. Provo a distrarmi sul lavoro che ora procede lento, ma non ho la forza di spiegare il motivo a nessuno, fa troppo male. La mamma viene qui circa ogni 2/3 ore. Mi consola, mi abbraccia. La mia famiglia e le amiche continuano a ripetermi di pensare positivo, di non perdere le speranze. “Devi goderti ogni attimo che puoi trascorrere con lei, saranno quelli i vostri ricordi”. Tutti quelli che ci vogliono bene si stringono intorno a noi, al nostro calvario che durerà mesi. Eppure mi sento così impotente, sono io che ci devo convivere, che le porto dentro, che comincio a sentirle muovere, che la notte continuo a fare degli incubi tremendi e che quando mi sveglio, non sono tanto diversi dalla realtà. Cerco conforto tra le braccia di Valerio, ma il cuore fa male e la testa mi martella.





17+3 Lunedì, amniocentesi. Prima di procedere con il prelievo ci fanno firmare un pila di fogli, ci rispiegano la procedura e procediamo con l’ecografia. La guardo mentre si sofferma con l’ecografo, pigia, si sposta, ruota, pigia ancora per vedere meglio. La guardo con gli occhi di chi spera in un miracolo, ma lei non dice nulla. Chiama un collega per un secondo consulto. Faccio avvicinare Valerio, ho bisogno di lui, della sua mano. Nel giro di una settimana la situazione è crollata: oligoaminios. La quantità di liquido amniotico è praticamente assente, e anche l’altro medico è concorde: fare l’amniocentesi è praticamente impossibile, potrebbero provare a prelevare i villi, ma avendo la placenta posteriore l'operazione sarebbe molto più invasiva e metterebbe a repentaglio l’altro feto, soprattutto perché la percentuale di pericolo salirebbe in maniera esponenziale. La prognosi ormai è certa: anomalia genetica bilaterale legata reni policistici. Capita all’1% dei bambini, ci spiegano, e noi abbiamo beccato proprio quel maledetto 1%! Anche l’ultima punta di speranza in una ripresa a cui io mi ero così saldamente attaccata è svanita. I miracoli non esistono. La vita della bambina è e sarà incompatibile con quella fuori dall’utero, gli organi ancora non si sono sviluppati e ci hanno detto che, vista la situazione attuale, non si svilupperanno nemmeno. Non è possibile fare un intervento in utero, perché non cambierebbe la sua condizione. Non ci sono cure, non ci sono soluzioni. Ci dicono che il tasso di problematiche che portano le gravidanze gemellari a perdere uno dei bambini prima del parto è più alto di quello che si pensi e che comunque abbiamo l'altra. Non mi consola. Sono entrambe le mie bambine, la amo allo stesso modo. Non possiamo fare altro che accettare la cosa e concentrarci su l’altra. Non riesco ancora a farmene una ragione. Ci fanno spostare in un’altra stanza, ci lasciano un po’ di tempo per decidere, per pensare, perché non è una decisione facile, procedere o meno con l’amniocentesi. No, non la faremo, non le metteremo entrambe in pericolo, non potremmo sopportare di perderle tutte e due, visto che ora l’intervento di prelievo sarebbe più invasivo della prassi normale. Potremmo sapere di più sulla malattia, ma ci spiegano che è un’indagine che potranno fare anche dopo il parto, anche perché non è risolutiva e le risposte ci metteranno 6 mesi ad arrivare. “Torniamo a casa”, dico a Valerio. Il peso sul cuore è ancora più pesante, la pancia mi fa male, ma forse è dovuto a tutte le pressioni durante l’ecografia o forse è solo l’angoscia che mi arrotola le viscere. Abbiamo deciso di chiamarle per nome e non distinguerle per la loro condizione di salute. Piango per non riuscire ad essere abbastanza forte, piango per non poter far nulla, piango per la paura di quello che sarà, piango per la mia bambina.


Oggi sono 18+5. Abbiamo deciso di goderci per quanto possibile questa gravidanza, lo dobbiamo a loro per farle stare al meglio nel poco tempo che abbiamo a disposizione e lo dobbiamo anche a noi stessi, nonostante i momenti di sconforto ci siano e credo ci saranno sempre. Faremo un passo per volta, perché è l’unica cosa che al momento possiamo fare.

19 commenti:

  1. Martina, non ho parole... sono tanto tanto scioccata... vi abbraccio forte... tenete botta.. per le vostre bambine.

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  2. Martina, so che non ci conosciamo molto ma sto soffrendo tanto assieme a te. Avete percorso una strada molto coraggiosa fatta di tenacia e amore, una strada difficile che vi ha messi alla prova e continua a farlo. Fa male ma dovete avere forza e proseguire... ti abbraccio tantissimo

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  3. Martina. Tanta forza!! La vostra strada e difficile ma insieme c'e la farete. Vi abraccio. Magda.

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  4. Il destino è crudele , però vi ha donato amore ed è quello che farete ad entrambe , quindi sfoga tutto il dolore e non è vero che non sei fOrte , lo sei tantissimo da esternare tutti i tuoi sentimenti , l amore di una madre è talmente grande da non dipendere dal tempo, io.lo so bene e chi ho passato solo 12 anni dei miei 33 e lo sentirà anche la tua bambina , un grande abbraccio

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  5. Un grande abbraccio pieno di forza ♥️

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  6. Non ci sono parole di conforto...non oso neanche immaginare...Sei già forte ad essere riuscita a parlarne apertamente! ❤️

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  7. Tesoro io sto cercando una gravidanza e leggere queste tue parole mi ha spezzato il cuore..e'sicuramente un dolore insopportabile. Vi sono vicina con tutto il cuore.��������

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  8. Quanto mi dispiace,Martina!É davvero triste sapere di dover perdere qualcosa che si é voluto così tanto...e non poter fare nulla per impedirlo!Ti auguro tanta forza...ma soprattutto la felicità che meriti!

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  9. Martina, solo Dio sa quanto ti possa capire. Esattamente oggi sono 17 anni che ho perso mia figlia Giorgia. Aveva 48 giorni. Giorgia è nata con una malformazione cardiaca non diagnosticata in utero. È stato un parto con sorpresa, amara sorpresa. Posso solo abbracciare te, tuo marito e i tuoi due tesori.

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  10. Martina cara, ho passato tutto questo con due nipotine e ti capisco benissimo, non ci sono parole di conforto ci vuole solo tanta forza !!
    Un abbraccio !!

    Eliana

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  11. Martina ho letto tutto con un nodo alla gola.. un grande abbraccio virtuale... purtroppo .Laura

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  12. Martina sono scioccata e non so che dire... Ti mando un abbraccio fortissimo. Voi due siete straordinari, davvero

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  13. Ciao Martina, ho letto tutto d'un fiato e non posso far altro che mandarti un caro abbraccio da lontano. Da Gerusalemme. Ti seguo da "sempre" ma non ho mai commentato. Solo una cosa mi permetto di chiederti: data la delicatezza della situazione

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  14. perche' per fare l'amniocentesi hai dovuto fare il prelievo del liquido amniotico e non le analisi del sangue? Ti chiedo questo perche' sono italiana e vivo in Israele e per le mie due gravidanze ho fatto un semplice prelievo del sangue. Il risultato era arrivato in meno di 10 giorni. Immagino si possa fare anche in Italia. Un caro saluto e un abbraccio.

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  15. Sono stato sposato per 2 anni senza problemi, ho provato tutto ciò che è possibile dal punto di vista medico ma inutilmente, ho perso la speranza, ma sono stato introdotto per usare le erbe da un amico di doc okosun l'ho usato per solo due mesi, ora sono incinta, sono venuto a testimonia che le erbe di doc okosun funzionano per me puoi provare se hai problemi con la concezione puoi contattarlo tramite: okosunhomeofsolution@gmail.com o chiamare il +2348052523829

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  16. Che incubo! Mi spiace tanto...solo ieri ho scoperto su you tube The Hydden Beauty. Anche lei ha avuto problemi col figlio Giona. Magari ti aiuterà sentite la sua esperienza. Un abbraccio

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  17. tieniti forte! un abbraccio caloroso!

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